lunedì 3 settembre 2012
prelievi e ematomi da buchi d'uscita
Limitavo l'espressione ai minimi.
Non volevo che mi conoscessero a fondo.
E invece ho fatto trasparire tutto, fino all'ultima goccia di carattere che è possibile far trasparire.
Ho fatto trapelare informazioni, stati d'animo, il mio essere spesso polemico e contro le soluzioni più stronze e meno logiche. Vendere, solo vendere. E non preoccuparsi delle persone.
Ho espresso e speso commenti, suggerimenti, proposte di soluzioni e la mia simpatia, modesta.
Per 6 anni filati ho imparato, osservato, captato, assorbito, usato, copiato, incollato.
Per 6 anni il mio non-volere-che-però-traspare è appunto trapelato illimitatamente, ma questo non è servito a nulla. Almeno per qualcuno.
Lavorare significa prendersi a cuore certe situazioni, di fretta o di non fretta, ma per il bene di altri. Il mio bene, a ben vedere, sarebbe altro.
Lavorare significa collaborare.
Lavorare significa spaccarsi il culo, TUTTI.
Lavorare serve per vivere.
E vivere ha certi requisiti.
Vivere non è tornare a casa e pensare per giorni interi a quello che gli altri potrebbero pensare di me.
Vivere è ben altro.
Vivere è la cosa più importante.
Ho sempre dato tutto fin'ora. E anche di più.
Non ho logorato chilometri e battistrada per farmi convocare ne L'UFFICIO per sentire accuse, a carico mio, di approfittare del tempo concessomi.
Non ho lavorato così tanto per farmi osservare quando entro e quando esco dal cesso.
Ho lavorato e ho ottenuto risultati, e continuo ad ottenerne rispettando le consegne e i miei colleghi, e facendolo bene, o perlomeno provandoci.
Non ho lavorato per assumere comportamenti ambigui, nè tantomeno per approfittare degli strumenti, o del tempo, o delle persone che mi accerchiano, nel vero e più becero senso della parola.
Al contrario dei pupilli, che possono permettersi ben altri comportamenti e, chiaramente, ben altri stipendi.
Ben altri stipendi a fronte di ben più basse responsabilità non è corretto.
Ben altri stipendi, nonostante alla fine possano permettersi di dire "no", quando io sono costretto a dire "si", incondizionatamente.
Mi sto rompendo le palle.
E mi girano a 666mila quando vengo accusato, nonostante tutto poco-velatamente, di chiudermi in bagno a farmi le pere.
Fottetevi tutti. No -correggo- quasi tutti.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento