mercoledì 22 maggio 2024
I limiti -che non esistono- del nostro animo sconfinato.
mercoledì 15 maggio 2024
Pensieri con forma di animale
Prima timoroso ora rapinoso.
Superpoteri, non sappiamo di averli ma a volte sappiamo già usarli. Ognuno ha il suo, qualcuno si illumina di malinconia riuscendo però a creare facce e lineamenti diversi ma sempre a forma di risata, belli sempre, a momenti incredibili, che spaventano coi loro contorni, con le loro linee belle.
Altri riescono a scavare a mani nude nel nulla, e riescono a trovare l'oro ogni sera, sotto forma di consapevolezze. Rendiamoci conto della nostra incredibilità, anche durante il giorno. E' il miglior augurio da fare e ricevere, quello di essere sè stessi.
Non la felicità, la felicità è una parola inventata con sapiente maestria artigianale.
E' la carota che inseguiamo, ma ogni volta il bastone si allunga e l'asino a volte è stanco.
"Atteso dall’attesa, perdo il filo in pensieri da pensiline per ripararmi dalla pioggia, di molti plichi fermi e mai moltiplicati. Mi manca(va) l’essere bestia".
Ora sono di nuovo bestia.
Ma non un asino, un fottuto brontosauro.
giovedì 2 maggio 2024
Le docce delle spiagge
In questi giorni ne ho per tutti.
Complice la mia rinnovata spensieratezza, mi soffermo spesso a guardare il tutto dell'orizzonte, dei cieli e dei muscoli facciali che si contraggono in bellissime facce buffe e anche serie. Ho tempo, non mi insegue nessuno. La libertà è qui fuori dalla porta, la posso sentire col naso e con le orecchie. Non è la fine, è la libertà che sta bussando ed è la mia personale versione della gioia, che sto inseguendo.
"How can something born with wings ever know freedom to truly be free?"
Siamo nati con le ali, e non ne avevamo idea. Riuscirei a usare la spada del perdono universale per un attimo, se riuscissimo a farli soffiare sempre così i nostri venti, per farci "attrarre dall'azzurro e dal giallo", e a farli uscire sempre tutti i nostri sentimenti.
Oggi sono un fiume in piena di parole mai dette per vergogna, di sincerità usata male per timore del giudizio, di raffiche di mitra che non fanno male, di orgasmi oculari desiderati da luce incredibilmente forte, di sospiri perché comunque potrei sempre dire cose di cui poi mi pento (dannate vite degli altri).
Ed ogni volta che me lo sento scorrere dentro, mi stupisco di quanto, senza saperlo, riesca ad illuminare tutto intorno. E' un superpotere bellissimo, avere gli occhi che accendono non solo il buio, ma che illuminano anche la luce...E più mi avvicino per guardare, più scopro la natura dei nostri tratti, delle perfette imperfezioni e delle cose a caso a cui penso seduto su una panchina a guardarlo negli occhi.
"Enrico, la indovino con una."
Con tutti questi pensieri annodati sarebbe facile farne una bella pallina di carta e semplicemente lanciarla cercando di fare canestro nel cestino. Ma noi, che siamo gufi altamente istruiti e non ci perdiamo in barbaggianate, quisquilie e pinzillacchere, abbiamo tutto il diritto di meravigliarci continuamente di fronte alla bellezza della semplicità delle cose normali, e delle risate sane, delle belle serate passate con sconosciuti, dei pensieri che iniziano dalla parte giusta, passano da quelle sbagliata ma che finiscono poi a star bene col vino e il mal di testa, fregandosene delle giornate degli altri.
E quindi eccomi Luce, di nuovo a far rimbalzare le pupille tra un freddo Aprile che diventa un nuovo Maggio e un cercare di non farmi sgamare mentre cerco i tuoi occhi nell'aria.
Ora è quando "la gioia mi scalfisce, non ho difese". E il sangue non è cattivo, oggi il sangue me lo immagino avere un profumo e sapore buonissimo, non certo quello della doccia delle spiagge.
lunedì 29 aprile 2024
(quasi) Tutte le cose che mi ricordo
Le corse in bicicletta a perdifiato sul ponte della tangenziale in costruzione.
Il caldo di Luglio che scioglieva la fronte e faceva bollire il sangue, dalla voglia di sciogliermi ancora di più.
Le spedizioni in incognito a guardare le ragazze grandi che prendevano il sole.
La piazzetta di fronte a casa dove giocavo coi miei amici. Quanti gol in carriera, quante parate, che tiri ad effetto!
Delle prime volte in cui andavo a scuola in bici, l'inspiegabile cosa che papà si arrabbiava perché non potevo andarci a scuola in bici, pare.
I fotoromanzi erotici nascosti sotto alla siepe del palazzo dove non abitava nessuno di noi, perché in caso "mica è roba nostra questa".
I primi voti bassi, alle medie.
Metal Gear Solid e Liquid Sun da dove ho fatto iniziare tutto quanto.
La scoperta della musica e le paghette che erano tutte nei dischi.
Le prove giù in cantina da A. a inquinarci il cervello. Ma che bene stavamo.
La prima sigaretta; ricordo ancora a chi l'ho chiesta.
La prima canna, poi la seconda e la terza, la quarta.
Il primo concerto giù dal palco, indelebile.
Final Fantasy VII.
La prima canzone scritta.
Il primo concerto sopra al palco, indelebile.
La prima volta che mi sono masturbato.
Il motorino e la precedenza bruciata appena uscito dal negozio.
La patente della macchina.
Le estati a lavorare da papà.
Le altre estati a lavorare con gli argentini.
La mia (nostra) vita è un elenco infinito di cose fatte e pensieri esplosi.
Delle esplosioni fragorose e incontrollate ne ho parlato tempo fa in un vecchio post, ma di quelle che ancora devono essere innescate?
C'è un reparto speciale dei VVFF per gestirle? Dovrei trattarle come residuati bellici?
Cosa vuol dire crescere? Ci si rende conto? Quanto dura? Quanto è dura lo sappiamo solo noi o da fuori si vede? Tutto lo scarto, la paccottiglia che succhiamo dalle nostre mondiglie, dove si butta?
E' solo da lasciare per strada e ci penserà il tempo a scioglierla? Ci penserà forse quel il caldo di Luglio? Passa qualcuno a differenziare?
Abbandonarmi a questi ricordi è come abbandonarmi ad un bellissimo gioco infinito. E' costruire impalcature come a tenere in piedi dei sogni mal o mai riposti, ma che alla fine stanno in piedi eccome, sono sempre stati in piedi. E' lasciarmi andare, è spiegare chi sono, è movimentare le sinapsi, è creare sguardi, abbracci, connessioni. Abbandonarsi è vita luminosa, è amore, sono Ampere di corrente, sono esplorazioni infinite a capire chi siamo, sono le mani che vanno ovunque.
Abbandono è preda e predatore, è il cuore che batte fortissimo, è la pelle che si rompe ma poi si ripara, sono gli occhi che ridono, sono le labbra che senza muoversi parlano, sono gli imbarazzi del guardarsi le pupille, sono il perdersi nel tempo infinito che ci parla sempre, sono le mani che si tengono per le dita.
Non è che crescere sia (stato) davvero solo lasciarsi andare?
domenica 28 aprile 2024
Fotografare l’aria
mercoledì 24 aprile 2024
La mia complessione che finalmente un po' si risolve.
martedì 23 aprile 2024
Perdiamo entrambi i piedi da sotto i piedi
Sapevo tutto e non avevo idea di niente.
Avevo idea di niente ma immaginavo tutto.
Immaginavo tutto e cacchio se lo volevo toccare.
domenica 31 marzo 2024
Io Portinaio di me stesso
A momenti era come sentire la pressione di tutto il cielo addosso.
Lo spazio non ha odore.
La pelle è debole.
Quando sarà davanti alla mia porta, come la riconoscerò la fine? Che aspetto avrà?
Cosa mi dirà quando sarà qui?
Magari sarà un passante, oppure un venditore porta a porta? Oppure sarà aria, luce e vento caldo?
Dovrò incrociare gli occhi per riuscire a mettere a fuoco toccandomi la faccia per sentire se c’è ancora? Oppure capirò tutto da solo?
La pelle è debole, io inizio ad esplodere.
Dopamina.
Dopamina.
Esplodo così forte che in una teoria del loop tutta mia ricompongo me stesso nella stessa esatta forma.
Sarà cambiato qualcosa? Sono diverso da prima, avrò ancora bisogno delle stesse cose?
Cercherò ancora gli occhi nell’aria che respiro?
Mia complice è solo la pioggia.
Dopamina.
Dopamina.
Sento bussare, sono in pigiama.
È già qui?
giovedì 14 marzo 2024
Allenamenti del muscolo cuore
Era una risata consapevole la mia, e mi perdevo nel buio della luce fortissima.
I capelli avevano il colore del cielo buio di un temporale a Marzo. Era tanto che non fischiava un vento così forte, da aver paura ad aprire le finestre.
Mi rendo conto siano chincaglierie emotive, e ogni volta conto ore, minuti, secondi, decimi e centesimi perché finisca presto e che torni semplicemente a piovere sui miei tetti, e che smetta soltanto di soffiare così potente.
Mi spavento sempre molto nel non sapere quanto durerà, nel non sapere dove finirà e mi riparo sottovento nel mio angolino sicuro, ad aspettare che finisca come un cane che aspetta il padrone che torni a casa. Ma mi rincuora sempre sapere che finirà, e mi fa guardare avanti.
Perdere il senso del tempo mantenendo la lucidità nel sentirlo scorrere, nel sentire il sapore che cambia, nel capire come il suo odore faccia ad arrivare nel mio cervello, nel comprendere i movimenti che fa.
Perdere il senso del tempo, nel vedere una cosa da così vicino da perderne i contorni, ma comunque cercando di assaggiarli, mordendoli con i denti e aggrappandocisi con le unghie per non perderli per strada, per non perderli per sempre.
Certe strade, certi giorni.
Ora sto guidando, il vento è passato, piove forte sui miei tetti, mai così esposti ma mai così liberi di essere protetti.
venerdì 8 marzo 2024
Considerazioni di un venerdì grigio, come piace a noi.
lunedì 11 settembre 2017
Gli esseri speciali che volano nella notte, altro non sono che i miei arti immaginati che si staccano dal mio corpo e semplicemente acquistano velocità, e un tempo che non esiste.
Non mi capitava mai di svegliarmi nel cuore della notte e pensare alle mie dita come invertite, e non mi ricordavo il tempo di aver avuto la sensazione di chi ha un moncherino, che sente il prurito al piede ma non ha più quel piede.
"E' così che va la vita e le scelte che facciamo, che i rimasugli, certi rimasugli, non se li porta mai via davvero."
E' Settembre, e come al solito non c'è anno e giorno in cui non mi torni in mente tutto. Sgorga, sgorga tutto sempre, il desiderio, la pelle che ancora me la ricordo, le unghie che ancora me le ricordo. Manca, manca tanto sempre tutto della nostra bolla. Era ogni giorno come fosse il primo, e ancora ruoto le convinzioni sul perno del deisderio, per ingannare l'inveccchiare del tempo con le pinze dell'attesa. Scemo, sei scemo se vuoi sorgere adesso. Cosa lo stai illuminando a fare il mondo?
Con quello che è evaporato non riesce a dissetarsi più nemmeno l'aria, e continuo a mortificare i miei sogni, io. Mortificavo i nostri orgogli puntiformi e dispersi , sull'ordinata e l'ascisse delle nostre anime vi siete seduti a prendere fiato, demoni della merda.
Voi e le vostre spettrali conquiste.
Ci rimarremo male, noi e le vostre casuali ragioni nell'ammettere che quella si che era luce, l'unica che in fin dei conti abbia mai potuto illuminarmi davvero.
martedì 20 giugno 2017
Altri echi vivono
Lastricavo la mia strada di mattonelle anti scivolo, ormai ero troppo preso e preoccupato di poter cascare di nuovo. Attendevo la fine con la stessa eccitazione di uno che attende un nuovo inizio, o come la fine definitiva, non importava. Importava esserci con la coscienza di non poterlo raccontare.
Stufo, stanco, rotto, schiacciato, caduto, rialzato, caduto.
Saranno le continue disillusioni, saranno i continui muri e i continui musi contro, mi dicevo.
Lastricavo la mia esistenza di palliativi, per un costante effetti placebo da cui mi stava bene non andarmene. Non credevo di avere forze così nuove, né intenti così puri, non di nuovo.
Stare per tanto lontano da tutti, se ti piace, ti piace proprio tanto.
Ti piace tanto finché non incontri qualcuno che rompe quel filo. All'inizio quasi ti scontri con il cambiamento, poi invece hai la possibilità di vedere il mare dove non c'è il mare, vedi la luce al buio e ti sembra che giorno e notte siano la stessa cosa.
Quando arriverà, il vero cambiamento, sarò li per vederlo? "Avrò mani abbastanza grandi? Avrò denti, ossa, nervi?" Saranno abbastanza grandi i miei sentimenti?
E sarà quello che mi aspetto che sia? Sarà lo stesso mare e gli stessi occhi che ho prima immaginato di vedere e poi visto per davvero?
Non c'è limite al modo in cui il mondo mi stupisce, e non c'è limite a quanto vorrei costantemente guardarti gli/negli occhi o appoggiarmi a te ridendo per una mancata pronuncia francese nonostante il mio inconfondibile rotacismo da erre moscia.
E' questione di immensità, e di immensità vere, quante posso dire di averne viste?
Probabilmente due, e sono composte da sclera, iride e pupilla.
venerdì 19 maggio 2017
Tutti i miei giorni
Credo molto alla solitudine.
Credo molto a me stesso quando mi convinco della montagna e me la sono lasciata alle spalle.
Credo sempre tanto, davvero tanto, che i quadrati entrino nei quadrati e i triangoli nei triangoli.
Ne ho scalate tante. Alcune erano colline, altre erano discese da risalire dopo, altre ancora erano ripide al massimo delle percentuali di pendenza, altre erano orizzontale e parevano piane, facili, incredibilmente facili e percorribili senza allenamenti speciali e corse a perdifiato ogni giorno per abituarsi al peggio.
Al peggio non ci si abitua mai, e nemmeno al meglio.
Tutti i miei giorni.
Di cosa sono fatti tutti i miei giorni?
Sono carbonio, sudore facile, mancanza costante di casa e acqua, polpastrelli alla ricerca di qualcosa. Sono sorrisi sprecati, sorrisi veri, risate sguaiate e preoccupazioni costanti in egual misura.
Sono tentativi, i miei giorni sono tentativi di normalità, di arrivare da qualche parte, di arrivare finalmente da te per restarci almeno 5 secondi, che sarebbero comunque interminabili.
Cerco spontaneità, sorrisi, battute cattive ma che partono con troppi denti visibili dietro le labbra, davanti alla voce.
Voglio giorni con l'anima esposta, e l'entusiasmo di volare per la prima volta sopra dei cieli fatti di merda, immerso in una nebbia qualunque.
Che poi stai a vedere che quella dietro è sempre casa mia.
Voglio tutte le fette che non ho mai mangiato e le foto che non ho mai fatto, voglio rinsavire ancora una volta, e scoppiare ogni ago che ho infilzato nella pelle, in tutte le direzioni.
Vettori infiniti, tracce irriconoscibili, brandelli di carne.
Intelligenza e mucose vive.
Mi manca ancora tutto e non capisco perché mi manchi così.
Sperando in un tale ispessimento tale da magari chiuderlo sto blog di merda, un giorno.
Sperando in un tale nichilismo che azzeri tutto senza possibilità di ricaricamento, per zittirla quella parola sussurrata a me stesso per dirmi che va sempre tutto bene.
Tutti i miei giorni, questi giorni, riassunti, finiscono con me che annego nel pavimento del mio salotto.
"When even breathing, feels alright"
venerdì 12 maggio 2017
Escapologia e desiderio
Portavo argomentazioni plausibili a me stesso: chiusa una porta si apre un portone, morto un papa se ne trova un altro, luoghi comuni. Solo una serie di luoghi comuni, ma senza la forza per crederci.
Invece, davvero, è apparso qualcosa. Davvero era illuminato di più il mondo, quel momento.
Davvero mi son sentito irradiato e irrorato (Parole indicibili per me) di luce e schegge di vetro che non mi hanno fatto male.
Erano tagli nella faccia ma non bruciano. Erano fogli di carta a dividere in due la pelle ma davvero non si sente niente, e non c'è sangue, non c'è niente da vedere e non uscirà più niente dalle mie vene.
Mi sento invaso dalla prosopopea dei suoi sorrisi da entità che non esiste, non ancora.
Fidarsi, è crescere o regredire?
Se ti guardassi ora negli occhi mi verrebbe voglia di mangiarti via la faccia.
lunedì 11 luglio 2016
Mezze storielle ancora troppo campate per aria
Signor Cinque era lo spettatore preferito delle piccole imprese di Gus, da quando era piccolo. Non era altro che un pupazzo dentro il quale ci si potevano infilare le mani a mo’ di guanto, e muovergli la bocca e le braccia con le dita, più o meno come fa un ventriloquo. Signor Cinque, prima di chiamarsi così era solo un pupazzo che suo padre aveva dimenticato il giorno che abbandonò Marie, sotto quella pensilina a piangere da sola. Quel pupazzo era tutto quello che rimaneva di lui, ma decise di non disfarsene. E per il fatto che Gus si era affezionato così tanto, si convinse a non lanciarlo nel fiume.
Gus appoggiò Signor Cinque sul tavolo, con le sue gambe a penzoloni, come fosse uno spettatore, mentre allineava - e ci teneva sempre a farlo con attenzione - forchette e coltelli perché fosse tutto sempre in ordine come piaceva alla mamma, e anche a lui in fondo.
Pensò che una volta finita la cena, invece di andare a dormire presto, avrebbe potuto rimontare una nuova serratura.
Aveva lasciato i pezzi sulla sua scrivania la sera precedente: dei chiavistelli, diverse chiavi, fil di ferro modellato in varie forme, alcune molle e dei cilindretti in un sacchetto.
Prese 2 forchette, altrettanti coltelli e due tovaglioli di carta dal cassetto e, posandoli sul tavolo, in quell’esatto momento, sentì uno stranissimo freddo sul collo, così forte da fare una smorfia e alzare le spalle, come per coprirsi con il colletto della maglietta.
Marie era immobile davanti al lavandino, sembrava osservare l’acqua corrente scendere nello scarico molto attentamente. Avvicinandosi per vedere meglio, capì che lei non era li, perché i suoi occhi erano vuoti, non c’erano più le pupille e l’acqua aveva un aspetto stranamento viscoso, come fosse più densa e scorreva si, ma molto piano.
In effetti era l’unica cosa che si “muoveva”.
Preoccupato anche per se stesso guardò verso il tavolo, e lo vide mezzo apparecchiato con una forchetta nell’aria, ma Signor Cinque non c’era più.
Abbassando lo sguardo lo vide, in piedi, davanti a lui, un po’ più grande del solito, con quei bottoni al posto degli occhi, aperti.
Sorrideva, lui.[...]