Saluto l'inverno e già ne assorbo i contorni. come in un calcolo indefinibile sulla probabilità degli eventi, catalogo le mie variabili e catalizzo il pensiero per abituarmi al freddo in anticipo, e accumulare calore.
Amo odiare i paragoni e le aspettative, odio amare Le presunte certezze.
Ma amo il presente come unica fonte di entità certe.
Being divine is taking and keeping a position, standing, known and sure.
No idle hands.
Colgo sempre l'occasione per non ancorarmi e volare, per tutto vedere e tutto sentire, come avessi troppo da calcolare, troppo da valutare, troppo da negare o consentire, ma lo sapessi perfettamente.
Come un capitano che fa tutto senza giustificazioni, solo perché è capitano, concreto nel volere e nelle rotte da seguire, ma non definito nei contorni, illimitato e inestimabile, poderoso.
Confuso nel suo pur perfetto contorno.
Ammantato.
Studio i volti e i sorrisi per capire in anticipo abitudini, certezze, età e direzioni.
Senza pretese, solo con certezza di cognizione.
Non sbaglio quasi mai. Mi innamoro delle persone che lo meritano.
Being divine is accomplishing achievements before they even take a form, a time and a place.
Operare sulle chiuse permette di aprire canali, flussi di pensieri, teorie, vite.
Operare sulle chiuse è dare carburante alla vita, e linfa ai nostri stessi tessuti.
Aprirsi alla vita chiudendo delle porte.
Curioso, perlomeno.
Ma se fossi stato tu a sapere cosa doveva essere fatto ma senza parole e potere per dirlo?
Come lo faresti capire agli altri?
Come chiederesti aiuto?
How could you justify your wings wide spreaded?
How could you learn, being divine yourself ?
What should it mean to people?
Noncurante e scalzo ricalcheró ogni percorso per decifrarne la trama fino a raggiungere le perfezione ultima e finale.
Un'opera incompleta non è un'opera.
I must accomplish every achievement, before they even take form, time and place.
My aim is a burden.
My burden is kind.
The burden is just mine.
Gracili strati di pelle contengono tessuti doppiamente vivi.
lunedì 12 novembre 2012
sabato 28 gennaio 2012
Preventivavo solo l'odio.
Dimagrivano le mie emozioni sul vago divagare dell'attesa.
Non riuscivo a capire come potessi essermi spinto fino a qui, fino alle dighe del mondo, dove ogni fiume, ogni mare, ogni goccia di pioggia, ogni lacrima si rintanava per smaltire l'umidità eccessiva del viaggio, per diventare nulla e, solo poi, vapore.
A me, di fatto, interessa quel momento di nulla.
Non capivo come mai, non capivo in che modo.
Sodio.
Dimagrivano le mie emozioni, sul vago svanire dei liquidi, arrivati alla meta.
Mi sentivo succhiato, strappato, ricucito, strappato di nuovo, molestato, intorpidito, malmenato, pestato, sciacquato, ridotto a un brandello di carne che non osava rialzarsi.
Rialzarsi significava iniziare a mettere sopra i sassolini. Rialzarsi significava rinforzarsi e riprendere colore. Rialzarsi voleva dire tornare a vivere, dimenticare e boicottarle, le emozioni, dimenticarle, pulirle dalla pelle. E non morire come di peste come avrei preferito chiaramente.
Le solite idiozie, pensavo. Le solite stupidaggini che mi si infilano in testa.
Guazzabugli, pensavo. Nient'altro che guazzabugli inutili. Gomitoli.
Dimagriva anche la carne.
Facevo frollare l'anima, appesa in cantina, in attesa che l'odio venisse meno.
Umidità.
Non capivo quale fosse la strada. Non distinguevo i punti cardinali.
Non sentivo il vento leccandomi le dita.
In una stanza addobbata a festa, con drappi bianchi e rossi lucenti, come fossero vivi, mi allenavo alla vita da piccolo. Seguivo gli insegnamenti di quella che era luce vera, distinta, ferma.
Credevo, un giorno, una volta spenta, come potrò camminare ancora da solo?
Santinumi.
Gorgogli.
Rimasugli.
Forchette senza punte.
Stracci.
Libeccio.
Aprire gli occhi incollati e soffrire, troppa luce.
Uno zarathrustra imprevisto.
Cambiare aria e trasformare l'odio in perdono è trovare un amore diverso.
Non riuscivo a capire come potessi essermi spinto fino a qui, fino alle dighe del mondo, dove ogni fiume, ogni mare, ogni goccia di pioggia, ogni lacrima si rintanava per smaltire l'umidità eccessiva del viaggio, per diventare nulla e, solo poi, vapore.
A me, di fatto, interessa quel momento di nulla.
Non capivo come mai, non capivo in che modo.
Sodio.
Dimagrivano le mie emozioni, sul vago svanire dei liquidi, arrivati alla meta.
Mi sentivo succhiato, strappato, ricucito, strappato di nuovo, molestato, intorpidito, malmenato, pestato, sciacquato, ridotto a un brandello di carne che non osava rialzarsi.
Rialzarsi significava iniziare a mettere sopra i sassolini. Rialzarsi significava rinforzarsi e riprendere colore. Rialzarsi voleva dire tornare a vivere, dimenticare e boicottarle, le emozioni, dimenticarle, pulirle dalla pelle. E non morire come di peste come avrei preferito chiaramente.
Le solite idiozie, pensavo. Le solite stupidaggini che mi si infilano in testa.
Guazzabugli, pensavo. Nient'altro che guazzabugli inutili. Gomitoli.
Dimagriva anche la carne.
Facevo frollare l'anima, appesa in cantina, in attesa che l'odio venisse meno.
Umidità.
Non capivo quale fosse la strada. Non distinguevo i punti cardinali.
Non sentivo il vento leccandomi le dita.
In una stanza addobbata a festa, con drappi bianchi e rossi lucenti, come fossero vivi, mi allenavo alla vita da piccolo. Seguivo gli insegnamenti di quella che era luce vera, distinta, ferma.
Credevo, un giorno, una volta spenta, come potrò camminare ancora da solo?
Santinumi.
Gorgogli.
Rimasugli.
Forchette senza punte.
Stracci.
Libeccio.
Aprire gli occhi incollati e soffrire, troppa luce.
Uno zarathrustra imprevisto.
Cambiare aria e trasformare l'odio in perdono è trovare un amore diverso.
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