lunedì 29 aprile 2024

(quasi) Tutte le cose che mi ricordo

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Le corse in bicicletta a perdifiato sul ponte della tangenziale in costruzione.

Il caldo di Luglio che scioglieva la fronte e faceva bollire il sangue, dalla voglia di sciogliermi ancora di più.

Le spedizioni in incognito a guardare le ragazze grandi che prendevano il sole.

La piazzetta di fronte a casa dove giocavo coi miei amici. Quanti gol in carriera, quante parate, che tiri ad effetto!

Delle prime volte in cui andavo a scuola in bici, l'inspiegabile cosa che papà si arrabbiava perché non potevo andarci a scuola in bici, pare.

I fotoromanzi erotici nascosti sotto alla siepe del palazzo dove non abitava nessuno di noi, perché in caso "mica è roba nostra questa".

I primi voti bassi, alle medie.

Metal Gear Solid e Liquid Sun da dove ho fatto iniziare tutto quanto.

La scoperta della musica e le paghette che erano tutte nei dischi.

Le prove giù in cantina da A. a inquinarci il cervello. Ma che bene stavamo.

La prima sigaretta; ricordo ancora a chi l'ho chiesta.

La prima canna, poi la seconda e la terza, la quarta.

Il primo concerto giù dal palco, indelebile.

Final Fantasy VII.

La prima canzone scritta.

Il primo concerto sopra al palco, indelebile.

La prima volta che mi sono masturbato.

Il motorino e la precedenza bruciata appena uscito dal negozio.

La patente della macchina.

Le estati a lavorare da papà.

Le altre estati a lavorare con gli argentini.


La mia (nostra) vita è un elenco infinito di cose fatte e pensieri esplosi.

Delle esplosioni fragorose e incontrollate ne ho parlato tempo fa in un vecchio post, ma di quelle che ancora devono essere innescate? 

C'è un reparto speciale dei VVFF per gestirle? Dovrei trattarle come residuati bellici?

Cosa vuol dire crescere? Ci si rende conto? Quanto dura? Quanto è dura lo sappiamo solo noi o da fuori si vede? Tutto lo scarto, la paccottiglia che succhiamo dalle nostre mondiglie, dove si butta? 

E' solo da lasciare per strada e ci penserà il tempo a scioglierla? Ci penserà forse quel il caldo di Luglio? Passa qualcuno a differenziare? 

Abbandonarmi a questi ricordi è come abbandonarmi ad un bellissimo gioco infinito. E' costruire impalcature come a tenere in piedi dei sogni mal o mai riposti, ma che alla fine stanno in piedi eccome, sono sempre stati in piedi. E' lasciarmi andare, è spiegare chi sono, è movimentare le sinapsi, è creare sguardi, abbracci, connessioni. Abbandonarsi è vita luminosa, è amore, sono Ampere di corrente, sono esplorazioni infinite a capire chi siamo, sono le mani che vanno ovunque.

Abbandono è preda e predatore, è il cuore che batte fortissimo, è la pelle che si rompe ma poi si ripara, sono gli occhi che ridono, sono le labbra che senza muoversi parlano, sono gli imbarazzi del guardarsi le pupille, sono il perdersi nel tempo infinito che ci parla sempre, sono le mani che si tengono per le dita.

Non è che crescere sia (stato) davvero solo lasciarsi andare?

domenica 28 aprile 2024

Fotografare l’aria

“We’ll disconnect ourselves from all of yesterday”

Nonostante il peso delle stagioni che passano, mi sto riscoprendo intraprendente. 
Colgo fiori fatti di idee, come non facevo da un po’. 
Colgo idee fatte di mare, e colgo idee fatte di pelle. 

Nel dizionario delle cose giuste e sbagliate 2024 annovero ogni giorno un nuovo puntino, ad adeguare la mia normalità. 
Lo sento nelle orecchie però, il crepitio della vita vera.

Colgo idee fatte di dita delicate e di mani tali e quali al vento. 

Ogni tanto penso che sarebbe bello, a volte, imparare ad anticipare i desideri, farsi trovare pronti quando e se dovessero avverarsi. Solo certi desideri. Niente scorciatoie né poteri strani o pericolosi. Solo sapere prima cosa proveremo, e prepararci per bene. 

Tenendo i piedi per terra:
Sarebbe bello a volte anticipare le sensazioni. 
Sapere un attimo in anticipo. Solo con un attimo di anticipo conoscere di cosa si riempirà il mio petto. Che cosa vedranno non tanto i miei occhi, ma cosa tramite gli occhi percepirà il mio cervello. 
Di cosa si riempirà quell’angolino tra il cuore e lo stomaco dove ci viene fame, dove ci viene paura, dove ci innamoriamo, dove ci fa più male quando stiamo male e anche quando stiamo bene.

Solo con un attimo di anticipo, regalarmi i dettagli e piccoli puntini sulle i.

Così ricchi di dettagli, diventerebbe un dagherrotipo della materia, una fotografia dell’aria. 

mercoledì 24 aprile 2024

La mia complessione che finalmente un po' si risolve.


 "...And when you scan the radio, I hope this song will guide you home."

E' tornato il sole oggi, non mi riempie particolarmente le tasche, ma dopo i giorni di freddo -che è stato bravissimo ad essere freddo- (ma è pur sempre freddo, il freddo) ora mi riempio gli occhi, la pelle e anche le vene di luce, e non solo di globuli b/r, colesterolo, ferro, plasma e piastrine. 

La misuravo in un frame di un sogno storico di qualche tempo fa, la mia distanza dal sole. E' buffo, io non ce l'ho un righello così costruito, nemmeno sono uso a fare particolari calcoli su cui avvinghiare il cervello intorno alla velocità della luce e intorno agli effetti dello spazio tempo, o termici su come si irradia il calore sulla mia pelle. Sì, ultimamente mi piace l'astronomia e la fisica teorica, ma non sono capace. So che la chiamano "unità astronomica"; ma a ognuno il suo.

Però, nel ciondolante transatlantico senza equipaggio che mi sento ultimamente, ho scoperto che c'è una porta, di quelle stagne con quelle maniglione da nave fatte a ruota.
(Ci sono troppe porte nella mia nave, io non me le ricordavo mica tutte).
Aprendo ho sentito un calore fortissimo, come quando si entra in una sauna, che quasi mi ha spinto indietro. Così anargiro delle temperature alte ho avuto paura e ancora a volte ho la sensazione di avere le guance rosse. 
Furfanti del mio corpo, mi avete fatto spaventare.
Entro e mano a mano che la temperatura diventa tollerabile inizio a distinguere che in quella stanza avrei tutti gli strumenti che mi servono.

Ho blocchi notes, calcolatrici, manualistica specializzata, un telescopio, un computer potentissimo e tutto quello che mi serve per misurarla davvero, la mia distanza dal sole.
E allora mi ci metto, notti intere (ad aspettare, ad aspettare teee, dimmi come maiiii) a specializzarmi in verità apodittiche e telegrafiche, dalle quali non mi volevo smuovere. <E' così, Io sono così!>, dicevo. 
Ma non era così, lo sapevo bene che non era così.

Non era così perché poi mi sono svegliato, e mi sono accorto che tutti questi calcoli, in fondo, mi interessava davvero farli? Mi servivano davvero tutti quegli strumenti sofisticati?
Cosa cambia tra il sapere quanto distante sia dal sole e il semplice apprezzarne il calore che sento o vederne il sorriso?
Ma poi, il sole, è davvero così lontano da farci venire la curiosità di quanto sia lontano?
Alla fine è bastata la meraviglia di una sua carezza sul viso, per accorgermi che è vicino, è qui, lo sento. D'ora in poi ti chiamerò col tuo nome, Glósóli.

martedì 23 aprile 2024

Perdiamo entrambi i piedi da sotto i piedi



"Missum báða fætur undan okkur"

A calci, sempre ci hanno preso a calci queste giornate qui.
Sapevo tutto e non avevo idea di niente. 
Avevo idea di niente ma immaginavo tutto. 
Immaginavo tutto e cacchio se lo volevo toccare.
Volevo toccarlo ma non avevo le mani.

Pregno di strati da svolgere in kilometri di tessuto morbido, appoggio la mia testa al petto e ascolto il cuore battere forte. Accelera, rallenta, accelera, rallenta. 
Riuscire ad ascoltare il petto cantare è un lusso per i tempi che corrono, che sgomitano per un posto in prima fila alla meravigliosa manifestazione del noi che inciampiamo, del noi che un battito ogni tanto lo saltiamo, del noi che dormiamo  ma abbiamo sempre tanto sonno, del noi sempre in affanno ma che ce la mettiamo sempre tutta, e del noi che siamo sempre così pluviali di emozioni da non accorgerci del torbido vortice velocissimo di emozioni che poi balbettano. 
Tempi tutti, entrate veloci, stanno per chiudersi i cancelli. 

Sovvertire, oggi, è camminare con le dita a tracciare sentieri nuovi, a disegnare quei segni bianchi e rossi sui tronchi, a fare un piacere a noi stessi per non perderci la prossima volta.
Ogni passo è una relazione poligama tra pozzanghere, terra e scarpe coi buchi, in un torpore freddo da piedi bagnati che però è vita che brucia.

Al buio vediamo sempre meglio. Le pupille si dilatano e catturano più luce, con una magia a volte riescono ad illuminarla, anche quando come oggi il sole è sepolto. 
Fosse che devo scavare, (le) scaverei. 
Bello il buio luminoso.