mercoledì 24 aprile 2024

La mia complessione che finalmente un po' si risolve.


 "...And when you scan the radio, I hope this song will guide you home."

E' tornato il sole oggi, non mi riempie particolarmente le tasche, ma dopo i giorni di freddo -che è stato bravissimo ad essere freddo- (ma è pur sempre freddo, il freddo) ora mi riempio gli occhi, la pelle e anche le vene di luce, e non solo di globuli b/r, colesterolo, ferro, plasma e piastrine. 

La misuravo in un frame di un sogno storico di qualche tempo fa, la mia distanza dal sole. E' buffo, io non ce l'ho un righello così costruito, nemmeno sono uso a fare particolari calcoli su cui avvinghiare il cervello intorno alla velocità della luce e intorno agli effetti dello spazio tempo, o termici su come si irradia il calore sulla mia pelle. Sì, ultimamente mi piace l'astronomia e la fisica teorica, ma non sono capace. So che la chiamano "unità astronomica"; ma a ognuno il suo.

Però, nel ciondolante transatlantico senza equipaggio che mi sento ultimamente, ho scoperto che c'è una porta, di quelle stagne con quelle maniglione da nave fatte a ruota.
(Ci sono troppe porte nella mia nave, io non me le ricordavo mica tutte).
Aprendo ho sentito un calore fortissimo, come quando si entra in una sauna, che quasi mi ha spinto indietro. Così anargiro delle temperature alte ho avuto paura e ancora a volte ho la sensazione di avere le guance rosse. 
Furfanti del mio corpo, mi avete fatto spaventare.
Entro e mano a mano che la temperatura diventa tollerabile inizio a distinguere che in quella stanza avrei tutti gli strumenti che mi servono.

Ho blocchi notes, calcolatrici, manualistica specializzata, un telescopio, un computer potentissimo e tutto quello che mi serve per misurarla davvero, la mia distanza dal sole.
E allora mi ci metto, notti intere (ad aspettare, ad aspettare teee, dimmi come maiiii) a specializzarmi in verità apodittiche e telegrafiche, dalle quali non mi volevo smuovere. <E' così, Io sono così!>, dicevo. 
Ma non era così, lo sapevo bene che non era così.

Non era così perché poi mi sono svegliato, e mi sono accorto che tutti questi calcoli, in fondo, mi interessava davvero farli? Mi servivano davvero tutti quegli strumenti sofisticati?
Cosa cambia tra il sapere quanto distante sia dal sole e il semplice apprezzarne il calore che sento o vederne il sorriso?
Ma poi, il sole, è davvero così lontano da farci venire la curiosità di quanto sia lontano?
Alla fine è bastata la meraviglia di una sua carezza sul viso, per accorgermi che è vicino, è qui, lo sento. D'ora in poi ti chiamerò col tuo nome, Glósóli.

martedì 23 aprile 2024

Perdiamo entrambi i piedi da sotto i piedi



"Missum báða fætur undan okkur"

A calci, sempre ci hanno preso a calci queste giornate qui.
Sapevo tutto e non avevo idea di niente. 
Avevo idea di niente ma immaginavo tutto. 
Immaginavo tutto e cacchio se lo volevo toccare.
Volevo toccarlo ma non avevo le mani.

Pregno di strati da svolgere in kilometri di tessuto morbido, appoggio la mia testa al petto e ascolto il cuore battere forte. Accelera, rallenta, accelera, rallenta. 
Riuscire ad ascoltare il petto cantare è un lusso per i tempi che corrono, che sgomitano per un posto in prima fila alla meravigliosa manifestazione del noi che inciampiamo, del noi che un battito ogni tanto lo saltiamo, del noi che dormiamo  ma abbiamo sempre tanto sonno, del noi sempre in affanno ma che ce la mettiamo sempre tutta, e del noi che siamo sempre così pluviali di emozioni da non accorgerci del torbido vortice velocissimo di emozioni che poi balbettano. 
Tempi tutti, entrate veloci, stanno per chiudersi i cancelli. 

Sovvertire, oggi, è camminare con le dita a tracciare sentieri nuovi, a disegnare quei segni bianchi e rossi sui tronchi, a fare un piacere a noi stessi per non perderci la prossima volta.
Ogni passo è una relazione poligama tra pozzanghere, terra e scarpe coi buchi, in un torpore freddo da piedi bagnati che però è vita che brucia.

Al buio vediamo sempre meglio. Le pupille si dilatano e catturano più luce, con una magia a volte riescono ad illuminarla, anche quando come oggi il sole è sepolto. 
Fosse che devo scavare, (le) scaverei. 
Bello il buio luminoso.

domenica 31 marzo 2024

Io Portinaio di me stesso

A momenti era come sentire la pressione di tutto il cielo addosso.

Lo spazio non ha odore. 

La pelle è debole. 

Quando sarà davanti alla mia porta, come la riconoscerò la fine? Che aspetto avrà? 


Cosa mi dirà quando sarà qui?

Magari sarà un passante, oppure un venditore porta a porta? Oppure sarà aria, luce e vento caldo?





Dovrò incrociare gli occhi per riuscire a mettere a fuoco toccandomi la faccia per sentire se c’è ancora? Oppure capirò tutto da solo?

La pelle è debole, io inizio ad esplodere. 

Dopamina.

Dopamina. 


Esplodo così forte che in una teoria del loop tutta mia ricompongo me stesso nella stessa esatta forma. 


Sarà cambiato qualcosa? Sono diverso da prima, avrò ancora bisogno delle stesse cose?

Cercherò ancora gli occhi nell’aria che respiro?


Mia complice è solo la pioggia. 

Dopamina. 

Dopamina. 


Sento bussare, sono in pigiama.

È già qui?

giovedì 14 marzo 2024

Allenamenti del muscolo cuore

 


Era una risata consapevole la mia, e mi perdevo nel buio della luce fortissima.

I capelli avevano il colore del cielo buio di un temporale a Marzo. Era tanto che non fischiava un vento così forte, da aver paura ad aprire le finestre.

Mi rendo conto siano chincaglierie emotive, e ogni volta conto ore, minuti, secondi, decimi e centesimi perché finisca presto e che torni semplicemente a piovere sui miei tetti, e che smetta soltanto di soffiare così potente.

Mi spavento sempre molto nel non sapere quanto durerà, nel non sapere dove finirà e mi riparo sottovento nel mio angolino sicuro, ad aspettare che finisca come un cane che aspetta il padrone che torni a casa. Ma mi rincuora sempre sapere che finirà, e mi fa guardare avanti.

Perdere il senso del tempo mantenendo la lucidità nel sentirlo scorrere, nel sentire il sapore che cambia, nel capire come il suo odore faccia ad arrivare nel mio cervello, nel comprendere i movimenti che fa.

Perdere il senso del tempo, nel vedere una cosa da così vicino da perderne i contorni, ma comunque cercando di assaggiarli, mordendoli con i denti e aggrappandocisi con le unghie per non perderli per strada, per non perderli per sempre.

Certe strade, certi giorni.

Ora sto guidando, il vento è passato, piove forte sui miei tetti, mai così esposti ma mai così liberi di essere protetti.



venerdì 8 marzo 2024

Considerazioni di un venerdì grigio, come piace a noi.


Riposati, in acqua calda. 
I polsi si scioglieranno come di fronte a parole liquefatte, i tendini si allungheranno e lasceranno cadere la fatica, la pelle sarà morbida e riposata, il sangue tornerà a scorrere come quando si tolgono le braccia informicolate da sotto il cuscino la notte, le unghie riprenderanno a crescere. Ogni taglio sparirà.

Avremmo dita e avremmo polpastrelli col grip giusto per reggere qualunque emozione nelle nostre mani, nel nostro petto.

Rinascere, elaborare, uscire, respirare, tutto lo stesso lusso di un giorno del futuro, se le mani diventassero uomini.