mercoledì 14 dicembre 2011

altalene

Quelle voci sono dentro.
E richiamano la mia mano, che vuole e non vuole. Che prende ma lascia sfuggirsi le parole e le situazioni come sabbia nel pugno, a la Max Gazzè.
Come capelli lunghi di donna su un cuscino.

Preventivavo il vuoto, ma misuravo la gioia.
Come si misura la gioia? Come si calcola? Come la si può prevedere?

Cani. Abbaiano.
Percorrono tragitti ripetitivi. Passi corti, malissimo distesi e odore di aceto.
E' come uno schianto, e negli schianti per certi versi ci si consolida.
Si, consolidarsi nello schianto.
Paradossalmente sarebbe come appendere del liquido ad asciugare. Ma asciugare dal male.

Appiccicosi e lucidi, come se ci stessimo spalmando una crema contro le malattie. Usurai della dolce luce, sotto la quale nulla può accadere. Niente e nessuno può farci del male, finché siamo qui sotto. Illuminati.
Appiccicoso e lucido.
Maestoso ma umile.
Un libero incatenamento al midollo.
Superbo!

giovedì 3 novembre 2011

time rew

chiacchierare e ridere di lavatrici e moke di caffè impreparabili e di coppie già sposate e di pelouche fuori luogo ,con nuove vecchie amicizie, col sorriso di una volta, di quelli che quasi ce li si dimentica. sacrosanto.

venerdì 15 luglio 2011

credevo in onde anomale di volermene andare

credevo di volermene andare, veloce.
Veloce come una vodka shot. Veloce come una bmw. Veloce come un monosillabo con accento laziale.
Credevo non avrei mai messo piede in certi posti: in certi posti con certa gente.
Credevo in Dio.
Credevo negli aperitivi.
Credevo di voler scappare. Credevo avrei lasciato. Credevo avrei mollato.
Credevo nelle pietre, nei rami e nel vento, nel sole. E negli algoritmi che li regolano.
Credevo nei matrimoni.
Credevo nei palazzi pieni di gente.
Credevo nel freddo.
Ho trovato il caldo (è letale con una camicia bianca con il collo vistoso).
Deciso a mutare, con la frequenza con cui vasco con la v minuscola dice di appendere stocazzo al chiodo.
Deciso a mutare.
Che comprende si il decidere di cambiare, ma include categoricamente il decidere di zittire (si, in itagliano) il prossimo , che sia esso barista, guidatore, ragazzino, prete, conoscente, coglione. Muti dovete stare. Evitate di produrre suoni, odori, parole, figure di merda.
Evitatelo. Evitatelo stasera.
Mi dispiacerebbe sputtanare una serata coi fiocchi rovinandovi la faccia.
State zitti, e contemplate l'odore di merda che avete dentro voi e il profumo che invece avete attorno, il nostro. Stupidi idioti.

tutto questo con un sacco di cuoricini.

Stupidi idioti.Fastidio.

Credevo in tante altre cose.
Ora credo anche (non che non lo facessi prima, è che adesso un sacco di più) che ho degli amici stupendi.

Credo nel rendere poetico tutto quello che all'occhio sembrerebbe patetico, e noioso.
Dovremmo tutti imparare che non servirebbe solo essere più fighi, o avere le sopracciglia perfette, o avere la camicia azzurra, bensì servirebbe ascoltare buona musica, riempirsi di emozioni e scritte e disegni e simboli, di riempire una serata di nostalgia del mio primo migliore amico e conseguentemente di vodka.
E' tutta colpa della nostalgia.

Dannata notalgia.
E dannate sigarette.
Umpfff.

lunedì 9 maggio 2011

Tornato come fantasma.

Ho sparso parecchi semi ultimamente.
E ho preso un trilocale in affitto.

mercoledì 23 marzo 2011

whatcha talking 'bout?

Ho visto le loro luci correre veloci verso di me.
Le ho viste chiare, ben delineate, impazzite.
Erano tanti occhi luccicanti, accesi dalla vita scoperta, avuta di diritto, abbandonata, partorita.
Erano occhi colorati, abbandonati come stracci umidi, ma ancora vivi.
Si asciugheranno senza aria né fazzolettini, i nostri occhi.

Evaporeremo tutti un giorno. Evaporeremo in una emissione d'aria carbonica, densa, sulfurea.
Avremmo da parlarne per l'eternità, se dovesse, presto o tardi, succedere.

E come i vari noi, che rappresentano l'io, vorrei che anche tutti voi spariste. Vorrei che questo locale si vuotasse con uno schiocco delle mie dita.
Vorrei vedervi esplodere in mille pezzettini, tra il panico che si creerebbe in mezzo ai superstiti dell'esplosione.
Vorrei vedervi sparire con la vostra Maracaibo.
Vorrei dannatamente vedervi scivolare tutti su quel pavimento.

Ho visto delle luci.
Pur di soprassalto, nulla era cambiato.
Non datemi confidenza, non ne voglio.

venerdì 4 marzo 2011

I pesi massimi

Nell'anticamera del mio nulla non ci sono sedie o poltroncine per l'attesa.
Non ci sono macchinette del caffè a monete e nemmeno vecchie riviste di gossip datato da sfogliare.
Non ci sono signore anziane, e nemmeno bambini ammalati.
Non ci sono milf rifatte.
Non ci sono numeri da prendere per il posto, e non ci sono dottori.
Non ci sono ricette, prescrizioni, buste bianche con le lastre ai polmoni dentro.
Non c'è odore di pulito.
Non ci sono malattie particolari e nemmeno rappresentanti di prodotti medicali che occuperebbero i locali per delle ore.
Nell'anticamera del mio nulla non c'è il bagno. Non ci sono lavandini né lettini.
E nemmeno i rotoloni di carta.
Non c'è nessuno da aspettare.
Non c'è nessuno ad aspettare.
La pipì la si fa negli angoli.

Però è pieno di lividi sui muri, che traspaiono come scritte coperte male da una pittura bianca troppo diluita.
Dovevano dare almeno due mani.
Sono viola, gialli, a volte più neri, come di quelli sotto le unghie che ci si fa con i martelli.
Ma non guariscono mai, come le ferite sulle gengive. Serve molto tempo e costanza nella cura.

Servono medicinali appositi, creme, che qui non posso comprare.
Qui non ci sono farmacie.
E nessuna donna che viene a fare le pulizie.
C'è lo sporco che una volta colava, oramai secco, dai muri ammuffiti, e le ragnatele in ogni angolo.
Il pavimento è lurido, e i battiscopa sono annegati nella polvere e nei ragni nascosti.

Le maniglie sono unte, e i vetri rotti.
Qui non c'è nessuno da aspettare.
Qui non c'è nessuno ad aspettare.

Qualcuno però è stato per la notte qualche volta.

Nell'anticamera del mio nulla una volta c'era tanta gente, che come me, aspettava e viveva.
Ed era tutto così pulito, lucido, vivo. C'erano fiori e finestre, entrava la luce.

Tutti si sono stufati di patire il freddo, e le non-usanze.
Tutti hanno scelto di partire, uscire, liberarsi, dimenticare, usurpare, marcire al contrario, lavarsi di dosso il passato, cucire gli strappi e cambiarsi le scarpe.
Come biasimarli.

Ora invece è tutto denso di odore di chiuso, fetido, umido, vecchio.
Da fuori nessuno penserebbe mai che qualcuno, dentro, ci sia ancora.
Qualcuno in attesa di una diagnosi.



Mi sento una bomba nel cuore, ma non di aver bisogno di artificieri.
La lascerò esplodere in mezzo a tutti.

Mettetevi al riparo, o vi imbratterete, non si sa mai.

venerdì 18 febbraio 2011

I lombrichi sono ancora vivi

Il mio futuro sanguina dalle orecchie.

Non avrei mai pensato all'usura dei miei eventi come quando mi sono accorto di viverli pretendendo di annusarli, e poi di mangiarli, ma senza volermi fare intaccare.
A non averle le cose e le persone, non ti preoccupi di come potresti fare per perderle.
Sono emozioni statiche e moventi. Parlanti e mute. Sanguinanti e ricucite.
Sono tutti i cuori che si sono disintegrati quella notte in mille pezzettini di tessuto.
Sono anni passati in stanze fumose con cervelli freddi e voci lontante a ricordarmi le parole da pronunciare.
E momenti vissuti con il sorriso da innamorato. E pomeriggi con la faccia nell'angolo.
Ma so bene che i cuori non si sono scuciti da soli. Ci sono sempre arrivato in qualche modo all'odore di bruciato. E al contempo, pensare a ritroso cercando giustificazioni plausibili al non-senso che bevo ogni giorno è pretenzioso
ma anche sotto il mio naso, e tutto sommato fattibile.
Bottiglie senza tappo. Vene senza sangue. Teste senza occhi.
Tutto questo dovrebbe sempre farmi pensare e reagire senza cedimenti o tremolii delle mani, senza emozioni e senza parole sbagliate. A viso aperto.
Invece.
L'ebola del sentimento: è quando le cose escono ma invece dovrebbero stare li, dentro incastrate chiuse, incollate, leccate e poi arrotolate, cucite, coperte, riservate, prenotate, sancite, bollate, cerate.
Nessuno le dovrebbe nemmeno intuire.
Nessuno dovrebbe nè leggerle, nè scriverle, nè pronunciarle.

Erano argillosi quei terreni. Si faticava a uscirne con il passo normale dopo la pioggia, e con tutto quel vento, gelido anche d'estate, anche le orecchie avevano smesso di sentire, e i corpi di muoversi, e le bocche di parlare.

I cervelli si erano davvero raffreddati, e la parole finite, la frutta scoppiata e i cieli anneriti.

martedì 8 febbraio 2011

I resti di un cuore che una volta batteva per me

E' nuova vita per le mie ferite.
Rimasto a bocca asciutta, borbotto.
Un gorgogliare di viscere vive.
Quando fuori è freddo, e niente si muove.
E dentro è così caldo.
E' nuovo sale a salve.

lunedì 31 gennaio 2011

c'è che la mia nebbia non si dirada mai

La mia vita è appesa su flebili tentativi di basamenti in onde distorte.
So per certo dell'esistenza dei sotto-pensieri, e delle utopie slavate, slacciate e salmastre.
Ne sono certo. Non mi posso sbagliare anche adesso.
So che comunque non mi porteranno da nessuna parte.

Ho avuto moventi, e momenti pure.
Ne ho avuti come ho avuto i fiumi in piena. I miei argini erano stati addirittura abbattuti.
Ne sarei potuto uscire in ogni momento.

Ma le persone erano e sono sempre così vive che arrivo quasi a sentire la vergogna dell'istante sbagliato.
Rimango sempre assetato troppo poco dopo aver bevuto.
E' colpa del fatto che inseguo la perfezione.
La inseguo giorno e notte, la cerco. Dietro gli angoli delle strade, sotto i fogli che lascio sulla mia scrivania, nei contatti di msn, nella rubrica del telefono, sotto il letto e nell'armadio. Penso sempre di ricordarmela, o di sapere dove si trovi.

Cerco la perfezione nella mia musica, e in quel quello che avrei potuto ascoltare.
O in quelli che avrei potuto dire se..
O in quello che avrei potuto fare se..
Cerco la perfezione negli attimi e nelle espressioni del volto. Negli occhi e sulle labbra di tutti.
La cerco nella carta straccia e nella pattumiera.
la cerco dietro le mie orecchie.
La cerco in mezzo ai sedili, o nelle parole di una cara amica.
La cerco quando accarezzo un cane. O quando evito un gatto, dannata allergia.
La cerco con una penna, o con i polpastrelli al buio.
Cerco le mie perfezioni nei vortici emotivi che ogni giorno accompagnano questo scempio.
La inseguo quando sogno di amori passati.
E sembra sempre tutto così vero e reale e presente. Ci casco ogni volta.

Devo dimenticare.
Devo scoprire.
Devo bruciare.
Devo coprire.
Devo nascondere.
Devo sparire.
Devo darmi una mossa.

E devo smetterla di sfamare questi gatti oppure continueranno a tormentarmi ogni notte.


venerdì 14 gennaio 2011

Compatto ma disgregato assolutamente

Questo è tutto? O sono solo gli stralci?
Dove sono le briciole?
E' rimasto qualcosa?
Oh mio dio mi sento cadere.

Mente fumosa e nervi tesi sulle giunture.

Mi vedo da fuori, come fossi un Dorian pentito, confuso, a risoluzione altissima.
Mi capita spesso quando ho la febbre e mi imbottisco di medicinali.
Inondato ma ancora insoddisfatto all'opposto.
Geloso ma affiatato.
Burrascoso ma affidabile.
Luccicante e opaco.
Sordo ma sensibile.
Felice per un attimo, ma fondamentalmente ancora tenebroso.
Con le spine nel fianco destro.

Quando mi capitava da piccolo la cosa mi spaventava, sudavo di febbre e una volta mia madre chiamò perfino la guardia medica.
Avevo come la sensazione di essere sdoppiato, e la seconda parte avrebbe fatto cose assurde, impensabili che la prima mai e poi mai avrebbe potuto concepire. E chiudendo gli occhi era tutto più piccolo e lontano. Ma più definito.
Tutto ciò che era dentro di me, sembrava in bella mostra, minuscolo, su un tavolo.
O appeso al sole. O dentro una lavatrice.
Un vortice difficilmente definibile nonostante . Sicuramente collegabile alle medicine.
Sicuramente. Vibrazioni di basse frequenze roboanti nelle orecchie. Rumore rosa. O era bianco?
Un turbine confuso di gesti silenti. Voce pettorale ma senza trachea.
Occhi vispi e curiosi, ma senza anima.

Qualcuno ultimamente mi ha detto che sono sempre una incognita.
E pure che sono un punto di domanda.
Hanno pure notato che forse qualcosa che non va, intorno, c'è davvero.
Non credo molto all'interesse che potrebbe suscitare.
Ma se volete, chiunque (non proprio) è benvenuto.

Forse ho solo necessità di amore.

sabato 1 gennaio 2011

tante addizioni prima o poi un risultato te lo danno

Sono rinato dopo un lungo sonno.
Ho capito che a bere tanta vodka, anche se dalle bottiglie buone, poi la mattina la testa ti scoppia.
divisa in 4, tipo.
Ho capito che i buoni amici non saranno mai sostituibili.
E ho capito come uno sguardo possa essere totalmente frainteso.
Ti avrei voluto mangiare. La mia notte scorreva sacrosanta, scivolavo bene, non respiravo nemmeno dalla bocca. Squame e branchie.
Tu non hai capito.
O forse si.
Attacco, ah già era autodifesa?

Ho fatto un capitolato dei miei eventi, ho aggiunto un pezzo alle mie pagine.
Sono rimasto appeso ai miei stereotipi di esistenza degna.
Ho provato ad ingoiare le mie notti, anche masticandole bene.
Ma nonostante tutto erano sempre bocconi troppo amari nell'esofago che non finisce mai.
Ho sentito nuovi suoni violentarmi, a volte sono anche riusciti a ricucirmi e a restituirmi momenti sorridenti e felici.
Non mi facevano pensare a nessun problema. E così tentavo tutto il possibile.
Sono riuscito anche a barcollare.
Ma pensando a niente si diverge facilmente.

Mi impongo.
Esco.
Chiudo le porte.
Mi rifugio al freddo.

Aspiro, inalo, riverbero, odio, aspetto qualcuno che da quella porta non uscirà mai per cercarmi.
Aspetto il sole che non mi scalderà mai.
Mi sento vicino al sole, non ho bisogno nè di luce nè di calore.

Sono vicino al sole.
Ma so che da li non uscirà nessuno.

Felice 2011.