martedì 2 marzo 2010

In capitoli di pagine scritte a metà strada tra il dire e il fare, mi sento soprattutto travolto

Mastico il tempo che è passato e mi accorgo che sono sapori che non ho ancora sentito per bene, forse.
O semplicemente non me ne ricordo. O magari non c'ho fatto caso.
Scelgo di sparire. E di aprire. A voi che siete sconosciuti fidati.
Sconosciuti innocui.
Sconosciuti benvenuti.
Cercherò il nostro sapore.

Quanto ancora prima che si secchi la lingua?

Alle porte della disgrazia, se entri si sgretola.
Era troppo tardi per idratarmi, avrei solo peggiorato le cose.

Ma persisto, senza tempo nè grammatica. Acciaccato dal tempo, e dalla pioggia, a cercare di dare tutto per girare la chiave. Tanto ho l'antitetanica.
A morsi, ci si mette sempre tutti contro tutti.
Contro la ruggine e contro ogni prima, seconda, terza malattia.
E' la mia casa. La mia sabbia. Il mio dormire. Le mie impronte. La mia trama.
La mia paglia che prende fuoco tutta insieme. Come torce umane di capelli che prendono fuoco per un errore madornale, una ingenuità.

Ci ritroveremo pelati per errore.
Come una risata che fugace si ritrae, e fugace ritorna. Avremo un bel sorriso un giorno, avremo voglia di mostrarci felici, bruciacchiati e spelacchaiti, cone i vestiti sempre più sporchi.
Ma avremo nuova sicurezza.
E ci legheremo le cinture ogni volta. Saremo cauti. Non avremo più strani svenimenti.
Saremo dei giovani più giovani ancora, e sempre pronti a tutto. Saremo nuovi, tirati a lucido. Faccia a faccia con ogni mattino.
Senza specchi per casa. Senza buchi nell'anima.
Sceglieremo di vivere senza le lische. O in fondo al mare dove è buio e freddo.
Non sentiremo odori. Ne parole futili, e nemmeno sgommate di automobilsti distratti, nè tantomeno cani che abbaiano la notte, o telefoni che disturbano.
Senza specchi per casa. Senza buchi nell'anima.

Noi che abbiamo sempre visto entrare le sembianze dalle nostre porte. Sempre prima le mani.
E pensare che è la mia casa. La mia sabbia. Il mio dormire.
E dire che mi sentivo forte come il sole. Anche al buio.
Nessuno era nudo alle porte. Nessuno era davvero debole a sufficienza.
Diavolo, d'ora in poi farò anche io la selezione all'ingresso.
E sarò così accurato, preciso, tutto d'un pezzo. E voi potrete dire tutto quello che vorrete, io non mi sposterò.
Non vi farò entrare. Sorriderò alle vostre gesta di disappunto.
Saprò dosare forza e coraggio.
Capre e cavoli.
Mari e monti.

Cerco ancora il sorriso. E dire che non volevo nemmeno svegliarmi, non volevo nemmeno vedere quanto fosse già alto il sole. Avrei dovuto capire, che era la mattina buona per lasciare le membrane al calore di un giorno che non m'aspettavo; Tutt'ora stento a crederci.
Quanto impiegherà la lingua a seccarsi?

Dovevo saperlo, che erano tutti parassiti con i corni da guerra.
Contro quale muro mi sarei dovuto lasciar andare? Di quante voglie avrei dovuto dipingere il mio volto? Di quali altre melodie mi sarei dovuto nutrire? Per quanti momenti ancora?
Quanto impiegherà la lingua a seccarsi?

Saprò dosare forza e coraggio.
Saprò giocare col fuoco.
Rischiando di tagliarmi. E di riempirmi l'anima di botte viola, poi gialle.
Ma senza bruciare, mai.

In fondo, ce lo respiro un retrogusto di ottimismo nella buca del letame.


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