lunedì 21 giugno 2010

-tutto di un giorno eventuale non ancora vissuto, e a patto di mille condizioni.- #2

Avrei aspettato, e fatto pipì ancora una volta. E riaperto il frigo, stavolta per mangiare qualcosa di morbido e facile da masticare, dannati elasticini.
Avrei sentito le trombette dei mondiali di calcio eccheggiare, come milioni di insetti che avrebbero voluto solo mangiarmi, picchiando le ali contro i vetri chiusi delle finestre. Bastardi.
E' li che avrei notato quel qualcosa di strano che puzzava di morto nell'aria.
Avrei capito e notato che quell'attendere non avrebbe mai avuto una fine.
Avrei capito che i muri avevano il mio colore perché li era tutto mio. La calligrafia, il cibo, le finestre senza le maniglie che avevo sempre voluto evitare, i vestiti della mia taglia, le scale che non finivano mai, e le mie scarpe spaiate appese per le stringhe.
Ma quelli non erano momenti miei. La vita era sempre stata li, ma io non l'avevo vista in tempo. E per un pelo non c'ho trovato l'acqua dopo il mio tuffo, ma solo i detriti della mia esistenza. C'è qualcuno che si diverte a spostare le piscine mentre mi tuffo.

Sarebbero state tutte inutili mutilazioni. Anzi, risvegliatomi dal quel sogno, lo erano eccome.
Erano tutti dialoghi troncati a metà. Discorsi inventati e sillabe schiacciate.
Ritmi costanti e noiosi, che per certi aspetti rischiano solo di sporcarmi. Adoro quella sensazione del tantoprimaopoimilavo.
Adoro cercare i dettagli, ingoiando gli sguardi, e ancora di più adoro le cose normali.
Sono sensazioni che si dilaniano, e a ben vedere tutto di questo sarebbe importante, se solo lo volessimo ogni momento.
Ho imparato a dare un valore a tutto, ma ho capito che qui intorno sono tutte vesciche che prima o poi dovremo schiacciare con le unghie, e saranno chilometri di cerotti sulla pelle.
Dicono sia solo il caldo.
Il solo immaginarmelo mi fa schiantare.
Non siamo vivi, siamo morti anomali.

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