venerdì 4 marzo 2011

I pesi massimi

Nell'anticamera del mio nulla non ci sono sedie o poltroncine per l'attesa.
Non ci sono macchinette del caffè a monete e nemmeno vecchie riviste di gossip datato da sfogliare.
Non ci sono signore anziane, e nemmeno bambini ammalati.
Non ci sono milf rifatte.
Non ci sono numeri da prendere per il posto, e non ci sono dottori.
Non ci sono ricette, prescrizioni, buste bianche con le lastre ai polmoni dentro.
Non c'è odore di pulito.
Non ci sono malattie particolari e nemmeno rappresentanti di prodotti medicali che occuperebbero i locali per delle ore.
Nell'anticamera del mio nulla non c'è il bagno. Non ci sono lavandini né lettini.
E nemmeno i rotoloni di carta.
Non c'è nessuno da aspettare.
Non c'è nessuno ad aspettare.
La pipì la si fa negli angoli.

Però è pieno di lividi sui muri, che traspaiono come scritte coperte male da una pittura bianca troppo diluita.
Dovevano dare almeno due mani.
Sono viola, gialli, a volte più neri, come di quelli sotto le unghie che ci si fa con i martelli.
Ma non guariscono mai, come le ferite sulle gengive. Serve molto tempo e costanza nella cura.

Servono medicinali appositi, creme, che qui non posso comprare.
Qui non ci sono farmacie.
E nessuna donna che viene a fare le pulizie.
C'è lo sporco che una volta colava, oramai secco, dai muri ammuffiti, e le ragnatele in ogni angolo.
Il pavimento è lurido, e i battiscopa sono annegati nella polvere e nei ragni nascosti.

Le maniglie sono unte, e i vetri rotti.
Qui non c'è nessuno da aspettare.
Qui non c'è nessuno ad aspettare.

Qualcuno però è stato per la notte qualche volta.

Nell'anticamera del mio nulla una volta c'era tanta gente, che come me, aspettava e viveva.
Ed era tutto così pulito, lucido, vivo. C'erano fiori e finestre, entrava la luce.

Tutti si sono stufati di patire il freddo, e le non-usanze.
Tutti hanno scelto di partire, uscire, liberarsi, dimenticare, usurpare, marcire al contrario, lavarsi di dosso il passato, cucire gli strappi e cambiarsi le scarpe.
Come biasimarli.

Ora invece è tutto denso di odore di chiuso, fetido, umido, vecchio.
Da fuori nessuno penserebbe mai che qualcuno, dentro, ci sia ancora.
Qualcuno in attesa di una diagnosi.



Mi sento una bomba nel cuore, ma non di aver bisogno di artificieri.
La lascerò esplodere in mezzo a tutti.

Mettetevi al riparo, o vi imbratterete, non si sa mai.

3 commenti:

dr.nick ha detto...

o.o
terribile.

una disperazione così piena di rassegnazione non l'avevo mai letta, bravo.

soleliquido ha detto...

apprezzo. grazie a te.

Riots Not Diets - Ricette Vegan ha detto...

ohhsssì