giovedì 3 marzo 2016

I colori di Landmannalaugar

13esimo giorno.
Camminammo 3 ore in mezzo alla lava, l'obiettivo era la cima "minore", per noi scansafatiche dell'ultimo momento.

Mancavano pochi giorni al ritorno a casa, ed ero stanco, stanchissimo, per i miei standard di sonno/veglia, ma avevo il cuore pieno, e così veloce non l'avevo mai sentito, tanto che lo sentivo nel petto, nella gola, man mano che aumentavo il dispendio energetico.
Passata la prima salita sulla lava, arrivammo ad una fumarola, dove mi fermai a prendere fiato prima di ripartire.
Non lo dissi per non fare il "di più" con gli altri. Mi limitai a pensarlo, che "chi si ferma è perduto".
Dovetti correggere il tiro perché non mi sentivo perso, fermandomi. Avevo semplicemente freddo, quindi ripartii per riaccumulare calore.
Sudavo tantissimo, e quell'odore fortissimo di zolfo non mi faceva respirare bene come avrei voluto.
E si che fa bene, ma quando è troppo, è troppo.
Sapevo di sale.

Era quasi mezzogiorno, avevo fame ma volevo concludere la salita/discesa prima di mangiare, per non soffrire di quei fastidiosi, indicandomi la milza, "mi fa male qui, posso fermarmi un attimo?"
Tenendo la fame, proseguii sulla salita, tutto stava diventando arancio davanti a me.

Lasciatomi alle spalle l'odore di zolfo e fatta la pipì dietro un angolo, mi rimisi in marcia, da solo, sempre lasciandomi indietro tutti. Godevo letteralmente così.
Arrivato sulla cima non vedevo nessuno, ma durò poco perché una coppia di francesi interruppe la mia solitudine voluta, e dovetti anche fargli una foto. Gliene chiesi una anche io, in cambio.
Fermo ad aspettare gli altri pensavo a quanto poco ancora sarei stato ancora da quelle parti, mancavano solo 3 notti. Pensavo alla voglia che avevo di tornare a casa, pensavo a quanto fossi stanco, a quanti sali minerali stessi perdendo per strada, senza gatorade per reintegrarli, e con una fame clamorosa ad attangliarmi la discesa.

Era tutto mozzafiato, per usare una parola normale.
Non avevo mezzi diversi per rendermene conto, e in un attimo mi trovai già giù, sempre lasciando tutti dietro.
Presi anche un sentiero sbagliato e ricordo che mi tremarono le gambe durante la discesa in una piccola gola. Ci scorreva dentro un piccolissimo rivolo d'acqua, che rendeva tutto scivoloso, talmente tanto che il culo per terra ce lo appoggiai un paio di volte, per evitare voli più pericolosi.
Meglio sporcarmelo che spaccarmelo.

Una volta sceso e seduto, restai ad aspettare gli altri godendo di una sigaretta, meritatissima.
Non ero comodo, seduto sulla roccia, ed è pazzesco come restai quasi 15 minuti a guardare il nulla e a sbuffare fumo ogni 30 secondi. Davanti a me era una pianura vastissima, che concludeva la sua superficie sulla stessa lava dal quale eravamo partiti al mattino, ma faticavo a vederla, questa conclusione. Ci fermammo per il pranzo, ma durai poco nei discorsi che accompagnarono il cibo, e la ripartenza.
I professionisti iniziarono a parlare di sanità, costo delle prestazioni, l'infermiera diceva la sua, l'impiegato Ferrari la sua e l'urologo in pensione pure. Io non seguivo le loro parole, e allungai di nuovo il passo.
Anche li era tutto "paciugo", e la camminata fu quasi più difficile della salita/discesa, mi inzuppai un pochino.

Seminato tutti arrivai alla base, per fumarne un'altra, seduto con le gambe a penzoloni sulle "palafitte". Ero distrutto, completamente spaccato in due a livello muscolare, ma non avevo più il fiatone, non avevo più sensazione di non farcela, ed è li che mi resi conto che non ero per niente pronto per tornare a casa, al contrario di quello che il mio fisico avrebbe voluto.

La stanchezza non era stanchezza.
Come quando ci si abitua a mangiare di meno, e lo stomaco di restringe.
La mi successe una cosa simile, ma al contrario, con il cuore.

E chi è ci riesce, mo', a sgonfiarlo.

2 commenti:

Indiscreto Empatico ha detto...

La scelta di allegare la fotografia solo al termine del racconto é estremamente adeguata. Come immaginare e poi stupirsi di quanta meraviglia (aggiuntiva) possa esistere.

soleliquido ha detto...

Una delle robe più belle della foto è, in tutti i colori che ci sono, il colore di quel laghetto minuscolo che si vede al centro della foto. Arriva subito, Magone, solo a ripensarci.