martedì 23 aprile 2024

Perdiamo entrambi i piedi da sotto i piedi



"Missum báða fætur undan okkur"

A calci, sempre ci hanno preso a calci queste giornate qui.
Sapevo tutto e non avevo idea di niente. 
Avevo idea di niente ma immaginavo tutto. 
Immaginavo tutto e cacchio se lo volevo toccare.
Volevo toccarlo ma non avevo le mani.

Pregno di strati da svolgere in kilometri di tessuto morbido, appoggio la mia testa al petto e ascolto il cuore battere forte. Accelera, rallenta, accelera, rallenta. 
Riuscire ad ascoltare il petto cantare è un lusso per i tempi che corrono, che sgomitano per un posto in prima fila alla meravigliosa manifestazione del noi che inciampiamo, del noi che un battito ogni tanto lo saltiamo, del noi che dormiamo  ma abbiamo sempre tanto sonno, del noi sempre in affanno ma che ce la mettiamo sempre tutta, e del noi che siamo sempre così pluviali di emozioni da non accorgerci del torbido vortice velocissimo di emozioni che poi balbettano. 
Tempi tutti, entrate veloci, stanno per chiudersi i cancelli. 

Sovvertire, oggi, è camminare con le dita a tracciare sentieri nuovi, a disegnare quei segni bianchi e rossi sui tronchi, a fare un piacere a noi stessi per non perderci la prossima volta.
Ogni passo è una relazione poligama tra pozzanghere, terra e scarpe coi buchi, in un torpore freddo da piedi bagnati che però è vita che brucia.

Al buio vediamo sempre meglio. Le pupille si dilatano e catturano più luce, con una magia a volte riescono ad illuminarla, anche quando come oggi il sole è sepolto. 
Fosse che devo scavare, (le) scaverei. 
Bello il buio luminoso.

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