martedì 17 dicembre 2013

La merda deve stare con la merda. Elucubrazioni post operatorie senza medici e senza ospedali.



Sto imparando a calpestare anche io.

Quegli occhi.
Sostanza del tempo è il passato.

Rivoglio la mezza stagione.
Rivoglio la mia gioia.
Rivoglio ciò che mi serve per rendere la mia sopravvivenza la mia vita.

Ciò, non Chi.

Ho cercato di dedicare tutto, ma certi meccanismi sinaptici erano a me sconosciuti. Lo sono tuttora.
Certi meccanismi cerebrali erano impossibile da capire, per il mio sguardo come per il mio cuore.
Pensavo bastasse dimostrarmi come totalmente sommerso, e tanto paziente.
Pensavo bastasse dimostrare per avere certezze, per sentirmi più stretto tra le braccia, più attorcigliato intorno al cuore. Più vicino alla risata perfetta. Più vicino alla fine dei sentimenti vaghi.
Pensavo bastasse questo, pensavo fosse semplice.

Quegli occhi.
Quel sorriso.

La nebbia negli occhi delle persone sa essere così densa, così impenetrabile.
Non si può diradarla, con nessuna fonte di calore.
Si finisce con il dover accettare la pazzia dei momenti, sperando che qualcuno se ne renda conto, prima o poi.
Non si può vedere oltre, nemmeno con dei fari appositi. In nessuna condizione di luce.
In nessuna condizione di inizio anni 90, quel muro mai sarebbe potuto essere abbattuto.

Ho da contare il fatto che in quel sorriso e in quegli occhi mi ci vedevo.
Mi ci vedevo e ci vedevo la fine dei tempi al contrario.
Vedevo l'inizio dell'inverno ma con i colori dell'autunno e i profumi della primavera.
Rivoglio questa mezza stagione.

Cercavo il sole, ho trovato solo buio.
E nessun interruttore per poter almeno vedere la stanza dove ero rinchiuso.

Volevo tutto il cielo, ho ottenuto una lama nello stomaco.
Una lama così lunga, che non finisce mai di penetrare la carne del petto.
E ogni notte sono nuove fitte a ricordamelo, che vivere è una cosa anche normale.

Era, ed è, strano, e mai mi ero sentito come se il giorno dopo non esistesse.

Ma sto imparando a calpestare anche io.
Incatenato, proseguo la mia tessitura.
Aggiungo solo filtri alla selezione.
Affamato procedo, lento, alla preparazione.
Dissanguato, senza più lo stomaco, proseguo la mia tessitura.

Sollevarsi.
Dimenticare.
Abituarsi ad avere meno pezzi nel petto, porterà alla dissoluzione.

Spero sarà un dissolversi quieto, perché l'anima è una creatura docile, anche nel decadimento delle trame e delle membra, finalmente stanche di essere deluse.
Stanche di doversi spegnere sempre.
Stanche di doversi creare e distruggere, al comando degli altri.

E' il cuore ad avere dentro una bomba che di qui a poco esploderà, lasciandomi implorare per l'amore perso, con un buco e un taglio nel petto.

Lamento problemi di ogni sorte, ma il mare oggi non mi fa più paura.

Porto i miei saluti, le mie dita medie al cielo, i miei soliti consigli, che come scopro, si stanno realizzando davvero.

Le consolazioni sono sempre così amare.

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